Molto interessante e articolata la relazione del prof. Silvano Allasia sulle nuove tecnologie e i possibili pericoli di disumanizzazione specialmente nei riferimenti all'informatica e alla medicina. Mi aspettavo, pero', dato il contesto del Caffè filosofico, qualche riferimento maggiore alla riflessione filosofica sull'argomento. In proposito la comunicazione del relatore è stata un poco sbrigativa, evidentemente per la scelta di puntare di più sul merito specifico della innovazione tecnologica. Eppure se si vuole azzardare un giudizio, o avere un punto di vista complessivo e di fondo sulla dimensione innovatrice, sperimentale, dell'azione dell'uomo sulla realta' , lo si può avere solo dalla prospettiva filosofica. In questo senso la tecnica si può definire come il progressivo trasferimento nelle mani dell'uomo di quel "divenire" di cui parlano Platone ed Aristotele ( e poi tutta la filosofia successiva) che originariamente era riservato in modo preponderante e riconosciuto, alla natura e al sacro. Infatti quando l'azione della tecnica ha incominciato la propria acellerazione se non quando il pensiero occidentale ha incominciato dapprima a guardare al mondo " tanquam deus non esset" (separazione fra fede e scienza - Galileo) e poi decisamente con la constatazione della "morte di dio" ( Leopardi, Nietzsche)? La presunzione dell'uomo di poter disporre con la propria volontà dei mutamenti, o della loro acellerazione, dei fenomeni della realtà' è oggi pressoche' totale. E inarrestabile in quanto si tratta della corretta proiezione logica del presupposto filosofico del "divenire" come oscillazione fra l'essere e il nulla. È questa una strada che fatalmente verra' percorsa fino in fondo, fino alle estreme conseguenze, per quanto alla riflessione filosofica più attuale sia chiaro l'esito futuro: la logica dell'avere cui fa esclusivo riferimento la infinita produzione di beni della tecnologia, approderà' necessariamente allo scacco "personale" di una accumulazione mai appagante e della povertà' estrema nella morte.
A PROPOSITO DELLA TECNICA. UMANO E POST-UMANO - RELATORE: SILVANO ALLASIA
La moltiplicazione di apparati tecnologici sembra oggi prossima a una svolta capace di condizionare più profondamente che in passato la vita umana e l’intera biosfera.
L’informatica ha costruito un “infospazio” – la rete - popolato di sensori e trasmettitori che ci sollecitano e ci osservano continuamente, garantendoci l’accesso a una quantità infinita di dati, servizi, merci, relazioni, storie, modelli che ci rendono parte di un’intelligenza collettiva e condizionano in modo nuovo le nostre scelte. Nei laboratori di robotica si progettano dispositivi capaci di sostituirsi agli umani nell’insegnare ai bambini e assistere gli anziani. Lo sviluppo delle biotecnologie ha messo mano alla trasformazione genetica degli organismi vegetali e animali e non sembra lontano il giorno in cui l’ingegneria genetica si preoccuperà di trasformare la biologia stessa dell’uomo. D’altronde, lo sviluppo della medicina e delle tecniche di fecondazione assistita hanno già cambiato le condizioni della generazione e della morte.
Si tratta di uno scenario che suscita meraviglia, ma anche timori. L’apparato tecnologico, agli occhi di molti, ha smesso da tempo i panni di un docile strumento per assumere l’inquietante aspetto di un organismo dotato di vita propria, impegnato a crescere su se stesso e consegnato a un’evoluzione che sfugge a ogni logica e bisogno umano. Già nel 1957, facendosi interprete di questa posizione, Giuseppe Ungaretti scriveva in una lettera alla rivista “Civiltà delle macchine”:
«Vi è una forza, che è della macchina, che si moltiplica dalla macchina generatrice inesauribile di macchine sempre più poderose, che ci rende sempre più inermi davanti alla sua cecità […]. Come farà l’uomo per non essere disumanizzato dalla macchina, per dominarla?».
La tecnica prepara davvero uno scenario futuro dis- o post-umano? Si tratta di un’ipotesi così terrificante? Che cosa prenderà il posto dell’uomo in quel nuovo contesto? E che cosa, di quel futuro, è già presente qui, oggi?
Ammesso che si possa rispondere a queste domande, riflettere sulla tecnica e sulle trasformazioni che si preparano è un esercizio utile se si riconosce, con Vivek Wadhwa dell’Università di Stanford, che «La tecnologia evolve più rapidamente della capacità umana di comprenderla».
Silvano Allasia è nato a Saluzzo (Cn). Si è laureato in pedagogia all’Università di Parma e in filosofia all’università di Pavia. Da 15 anni insegna filosofia e storia nei licei di Crema. Ha collaborato a diverse pubblicazioni di storia locale del Centro Ricerca Alfredo Galmozzi. I suoi ultimi lavori di filosofia sono comparsi sulle riviste “La società degli individui”, di cui è redattore, “Segni e Comprensione”, “Bioetica”. Un suo intervento dal titolo “Il ruolo dell’immaginazione nell’evoluzione del sé”, svoltosi presso la Biblioteca Palatina di Parma nel maggio 2015, è in corso di pubblicazione.