Grande affluenza e interessante relazione del prof. Ubaldo Nicola (coautore, con Klaus Podoll, del libro “L’aura di Giorgio De Chirico. Arte emicranica e pittura metafisica” ed. Mimesis, MI) lunedì 9 ottobre al Caffè Gallery, sede degli incontri mensili del Caffè Filosofico. L’incontro prometteva un interesse particolare dal momento che – partendo da un qualche riflesso culturale di carattere filosofico – si esplorava, soprattutto attraverso il caso De Chirico, le cause, per così dire, della genialità. La risposta scientifica a questo interrogativo non c’è stata, e non poteva esserci: si è potuto però indagare in una qualche misura su casi specifici, in particolare appunto quello del celebre pittore “metafisico” De Chirico.
E’ uno scandalo sostenere, dati alla mano, che talune manifestazioni “di genio” sono connesse con alcune patologie di natura mentale? Certo questo non basta per essere creativi nel campo dell’arte: occorre altro, come un forte senso di sé, e soprattutto il padroneggiamento delle tecniche specifiche dell’arte in questione. Pare però essere un fatto che condizioni anomale della mente, a determinate condizioni, possono produrre stati di esaltazione e capacità percettive e di comprensione fuori dalla norma e quindi predisporre al manifestarsi della creatività.
L’”emicrania con aura” che afflisse Giorgio De Chirico pare non essere stata ininfluente per percezioni allucinatorie che gli consentirono quella innovazione nell’arte pittorica che va sotto il nome di “pittura metafisica”. Come esemplare fino all’eccesso è il caso di Van Gogh…
Cosa c’entra tutto questo con la filosofia? C’entra, ad esempio, per quella messa in discussione, peraltro da tempo esplorata, della rigida distinzione cartesiana fra res cogitans e res extensa, in cui se non si esclude (e non potrebbe essere altrimenti) una influenza delle condizioni corporee rispetto all’attività mentale, tale influenza è però considerata solo in senso negativo e peggiorativo nei confronti delle prestazioni mentali; la più attuale riflessione mette invece in luce anche influenze “positive”, tali per cui condizioni “fisiche” considerate causa di menomazione “dello spirito”, possono anche rivelarsi essere “una marcia in più”.
Il dibattito che è seguito alla relazione introduttiva, non poteva a questo punto che essere stimolato particolarmente da presenze qualificate in campo artistico che non hanno voluto mancare all’appuntamento.
Il rapporto filosofia-arte non è affatto concluso da questo incontro. Ci saranno altre occasioni al riguardo perché l’estetica è un campo vasto ed esplorato dalla filosofia fin dalle sue origini.
FILOSOFIA E CREATIVITA'. IL CASO DELL'ARTE PITTORICA - RELATORE: UBALDO NICOLA
In cosa consiste la creatività? Cosa accade nella mente di un artista quando gli capita di avere una buona ispirazione? Dove nascono le idee? E, più in particolare, dove nascono le idee geniali? Domande filosofiche, ossia troppo difficili. Sarebbe bello potervi rispondere, ma, purtroppo, non esiste alcuna scienza della genialità.
Possiamo però indagare casi specifici: non arriveremo a una teoria ma almeno avremo cominciato a descrivere percorsi.
Vedremo, nello specifico, il caso di un celebre pittore italiano, Giorgio de Chirico. Scopriremo che le buone idee possono nascere dove meno le si aspetta, ad esempio a seguito e per effetto di determinate patologie. Oppure a seguito e per effetto di condizioni anomale della mente, quali, ad esempio, le percezioni allucinatorie.
Ubaldo Nicola
E’ insegnante e saggista .Interessato al rapporto fra nozioni concettuali e capacità immaginativa.
Il suo testo più conosciuto è lo “Atlante Illustrato di filosofia , edizioni Giunti, Firenze, una ricerca sulla iconografia delle idee filosofiche.
Sul tema delle allucinazioni ha scritto, assieme a un neurologo il seguente testo Ubaldo Nicola e Klaus Podoll, “L’aura di Giorgio de Chirico. Arte emicranica e pittura metafisica”, Ed. Mimesis, Milano.
Attualmente è direttore di “Diogene Filosofare Oggi”, il magazine di filosofia per tutti.
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Dibattito
Data: 22.06.2013
Oggetto: Considerazioni
Data: 22.06.2013
Oggetto: Come nasce un'idea?
Nella sera del 9.10 la risposta appariva scoraggiantemente lontana, soprattutto quando dall’ ideazione artistica si è ampliato il campo all’inventiva in generale.
Il Relatore ci ha anzi detto chiaramente che il concetto di idea in quanto nuova creazione del pensiero non potrà mai essere chiaramente definito.
Partiamo dal libro.
De Chirico, forse come anche altri artisti, soffriva di cefalea con aura, non solo quella tipica.
Il Maestro viveva fenomeni al limite dell allucinatorio o del paranormale, un po’ come tutti noi, io sostengo sempre, solo che lui ci faceva caso, se ne ricordava anziché archiviarli, e ne parlava, anzi era un protagonista, gli piaceva parlarne.
Il fatto che De Chirico sia un pittore quotato ne è la conseguenza?
Si è poi anche detto il fatto che sia quotato vuol dire che era bravo, che le sue opere sono belle?
Sul relativismo e la bellezza artistica già si è detto nella stessa sede: non esiste a mio avviso una bellezza assoluta ma una comunicazione empatica fra osservatore ed Autore.
Come su un filo elettrico viaggiano emozioni condivise, alcune comuni alla quasi maggioranza, e quindi opere comprensibili a tutti, esempio classico una serena scena bucolica, altre abbastanza esclusive richiedono un estimatore particolare, un problema di delta comunicativo quindi.
Con questo termine intendiamo la rappresentazione geometrica della probabilità che ha un nostro messaggio di raggiungere un ascoltatore nettamente compreso, più o meno frainteso, assolutamente per niente ricevuto.
Dalla sorgente il messaggio diverge così da essere totalmente condiviso solo in linea retta, sempre più parzialmente mano mano che i raggi sono più divergenti, in nessun modo fuori dal campo angolare.
Idealmente possiamo concepire la sindrome di Stendhal quale un rapporto fra Autore e Osservatore di anomala potenza espressiva e ricettiva rispettivamente posto lungo il raggio diretto, una sorta di satori pittoricamente indotto.
Torniamo al primo quesito: perché De Chirico ha idee ed è per questo che è quotato?
E che c’entra il mal di testa?
Il mal di testa può entrarci in quanto prodotto da un mediatore chimico che si chiama serotonina, ma in generale direi che c’entra perché è un fattore di disagio e l’arte come l’inventiva in generale ha bisogno di due fattori: un terreno di instabilità ed uno di abilità espressiva.
Quindi De Chirico è bravo perché ha potenza espressiva, dipinge perché è un uomo in ricerca.
Come il Relatore ha poi evidenziato trae materiale di espressione dalle stesse sue visioni e sensazioni “deformate” tipiche dell’aura.
Questo ci spiega un terzo fattore: perché il De Chirico surrealista ha successo ed il De Chirico classico no?
Semplicemente perché la potenza espressiva è la stessa ma il messaggio non coglie, perché il Maestro surrealista parla di qualcosa che in molti hanno dentro senza saperlo e senza che neanche egli stesso che lo comunica sappia cosa sia, il messaggio è diretto.
Qualcuno dirà “è semplicemente questione di mode”.
Non vedo contraddizione: un rapporto di tipo nuovo è generalmente più stimolante dell’abituale, l’ideazione segue la regola.
Ma anche un rapporto molto diretto, come detto, perché sia colto o deve essere ben amplificato (capacità espositiva, pittorica, compositiva etc.) o recepito da un ricettore molto sensibile (sensibilità artistica).
Questo ci dice anche che non basta essere “un po’ suonati” per essere dei geni.
Ho ancora in macchina su un sedile dei disegni donatimi da un Soggetto clinicamente psichiatrico, un incontro casuale ma approfondito.
Decisamente insipidi, almeno per me, ma non riesco a disfarmene.
Manca la potenza espressiva, oppure sono indifferente al messaggio io, pur cercando certamente il Soggetto, disturbato e quindi creativo, di esprimersi.
Proviamo ad allargare il campo alla creatività in generale?
Vediamo in altri termini se il concetto di idea come rapporto tiene lo stesso e se le motivazioni che le danno origine è lo stesso.
Io faccio un lavoro tecnico, sono un ortopedico, ed ho notato che nel mio lavoro le innovazioni sono frequentemente comparse in tempo di guerra, quella sera l’ho detto.
Non credo per il mal di testa prodotto dalle esplosioni delle bombe.
Semplicemente perché saliva la “temperatura ideativa”.
Un uomo idealmente totalmente appagato non produce niente, il suo interesse è nell’omeostasi.
Per fortuna non esiste questo ipotetico individuo appagato.
Niente di nuovo: lo dicono già espressioni quali “il bisogno aguzza l’ingegno” oppure “genio e sregolatezza” per delineare un particolare elemento stigmatico dell’inventore.
Anche il particolare rapporto con la cefalea, mettevo in evidenza, è stato già osservato: Atena, dea della pittura e delle arti tecniche, non la Pallade dea della guerra, sua sorella con essa poi fusa, nasce da un gran mal di testa di Zeus, gli antichi la sapevano lunga!
Ma perché il prodotto dell’idea acquisti evidenza ci vuole anche una capacità, come detto, cosa a cui attualmente molto si supplisce con il lavoro di equipe, specie nell’industria.
Proviamo allora ad ampliare ancora il campo per capire cos’è un’idea anche fuori dall’arte partendo proprio dall’industria.
Una trentina di anni fa’ leggevo di un metodo usato dall’industria per far “nascere le invenzioni”.
In un rapporto tecnico, ad esempio il libretto di istruzioni di un frigorifero, si “semina” una parola presa a caso da un dizionario, ad esempio bambino.
La squadra si mette allora al lavoro per trovare tutte le possibili relazioni.
Da ciò potrebbe nascere ad esempio l’idea di un dispositivo che eviti che bambini restino intrappolati in frigoriferi dismessi, o perché bambini obesi non rubino la merenda o qualsiasi altra cosa di non rivoluzionario ma migliorativo, capace i promuovere il prodotto.
Cos’è allora un’ idea?
Nient’altro che un rapporto fra elementi non ancora connessi, o un tipo di connessione nuovo, abbordabile anche a ricettori meno sensibili, ad utilizzatori meno abili e così via.
L’idea ha tante più probabilità di nascere quanto più l’ideatore tenta vie nuove sotto una pressante spinta.
Il classico topolino nel labirinto troverà la via solo se assalito dal panico e dalla necessità di fuga.
Ma come nasce l’idea, quando l’ideatore avrà assunto sufficiente sensibilità da comprendere fra le mille connessioni inconsciamente tentate qual è quella giusta?
Nasce quando i tempi sono maturi perché nasca e l’ideatore non ne è che l’interprete, una persona dotata di specifica sensibilità (un topolino inconsciamente freneticamente attivo) favorito da certe circostanze e capace di elaborazione tale da dare all’idea evidenza.
Non è casuale quindi che alcune scoperte siano state fatte più volte nella storia prima di affermarsi. In questo caso l’ideatore aveva tutte le carte in regola ma semplicemente i recettori erano sfalsati nel tempo, i tempi cioè non erano maturi.
Altrettanto chiaro quindi è perché certe espressioni artistiche non possono essere avulse dalla loro epoca.
Molto tipico poi il caso comunissimo di produzioni gemelle, da me già citato in altra occasione, che danno luogo a stupidi contenziosi legali.
Non c’è stato nessun inventore, né nessuno ha copiato.
Semplicemente i tempi erano abbastanza maturi perché due interpreti di sufficiente sensibilità raccogliessero il messaggio, magari giunto contemporaneamente a tanti altri privi di potenza espressiva tale da dargli evidenza sufficiente per un ricettore medio.
Ora quanti critici d’arte rimarranno inorriditi da questa visione blasfema sui capolavori dell’umanità!
Non ne nego la bellezza per alcuni addirittura commovente, ma se suscitano in noi qualcosa, dico, è perché toccano qualcosa che già è in noi, si tratta ancora un volta di un rapporto e di un linguaggio via via più elaborato, o magari del ritorno ad un linguaggio diretto, ruspante, antico, mai totalmente dimenticato.
Cos’è quindi un’idea nuova?
Una connessione fra punti già esistenti e l’ideatore un ragno che tesse la tela con la vista o l’udito più attenti degli altri.
Del resto il substrato fisico del pensiero, il cervello, non lavora forse per connessioni sempre nuove fra neuroni e non per la loro fisicità?
Ma proviamo l’ultima domanda: il concetto di idea come connessione vale in tutti i campi, anche per il tecnologico senza eccezioni?
Io non ne trovo: nel mio lavoro un nuovo dispositivo è ad esempio un rapporto nuovo fra un materiale ed un osso, un motore un elaborato rapporto fra un’energia chimica ed un corpo fisico e così via.
Mi rendo conto che in un’ottica simile accorcio molto le distanze fra il concetto di scoperta e quello di idea creativa, ed a ragion veduta.
La differenza sta solo nell oggetto del tramite, noto ed evidente nel primo caso, ancora al di la della portata nel secondo.
Del resto la fisica delle particelle non ci ha insegnato che la realtà stessa a noi percepibile è un gioco di rapporti e non di assoluti?