IL PENSIERO TIMIDO. ESTETICA, ARCHITETTURA, GIOCO - RELATORI: ANNA LUCIA MARAMOTTI POLITI, MARCO ERMENTINI
Istintivamente sentiamo come necessario il permanere dei segni della memoria: essi costituiscono la nostra identità minacciata. Il pensiero timido nasce proprio dall’esigenza di conservare il “permanere dell’essere” e non disperdere i segni della memoria e di mantenerli nell’ambito della presenza, quell’ambito in cui non vi è mera successione ma durata.
Essere timidi è il tentativo di reagire alla nostra condizione proponendosi come nuova virtù a partire da restauro che in Italia è il luogo dove maggiormente si sviluppano le teorie dell’architettura. Ma non solo; la timidezza è forse la radice stessa dell’essere umano: se pensata può rendere la vita radicale e capace di un cambiamento sapiente.
Essere timidi nell’intervenire nel mondo non significa snocciolare princìpi o leggi, significa avere quel timoroso rispetto dell’operato altrui, quel timore reverenziale che nasce da un responsabile accoglimento di ciò che ci perviene dal tempo, e la cui presenza irrompe nell’attualità.
Si comprende come il re Giosia, nel momento in cui pone mano al tempio di Gerusalemme per ricollocare gli elementi architettonici (quasi opera d’anastilosi, intervento timido), recuperi l’Alleanza che traccia continuità fra passato e presente, fra presente e futuro, quell’Alleanza con Colui che é.
LETTURE DI CARLO RIVOLTA
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Dibattito
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