INTELLIGENZA (?) ARTIFICIALE - DALLA TESI DI LAUREA DI MATTEO BASSI

L’intelligenza artificiale (AI), in ambito filosofico, è considerata materia di studio per cercare di riprodurre i meccanismi che starebbero alla base della mente umana e capirne, così, il suo funzionamento. In 50 anni di storia, fra molti insuccessi e qualche passo avanti, informatici, scienziati e filosofi hanno sviluppato un mezzo con il quale finalmente rispondere alla domanda che assilla da secoli i filosofi: come funziona la nostra mente? Possiamo, tramite gli esponenziali sviluppi in campo informatico, capire meglio la parte più oscura, e per molti versi così unica da essere uno dei tratti caratterizzanti del nostro essere umani? Ed è veramente possibile riprodurre, tramite sofisticati circuiti e silicio, un comportamento “intelligente”?

I filosofi della mente, unitamente agli sviluppatori informatici, hanno creduto molto in questo progetto e hanno sviluppato innumerevoli programmi di simulazione del comportamento umano, studiandone poi filosoficamente il modo in cui venivano concepiti. Ma nel 1980 J. Searle, un docente dell’università di Berkeley, CA, ha pubblicato un articolo contenente un esperimento mentale, passato in seguito alla storia come “Argomento della Stanza Cinese”, con il quale dimostrava che un programma di AI non potrà mai essere considerato “Intelligente”. Da allora molti filosofi si sono scagliati contro Searle, per non far diventare, in campo filosofico, gli studi in materia di AI solo una perdita di tempo. Il dibattito rimane aperto.

Ma l’obiettivo di Searle era veramente quello di affondare tutta una serie di ricerche, delle quali tra l’altro anche lui si stava occupando? E infine, l’AI è o non è un modo per studiare, da fuori, come funziona la nostra mente?

Matteo Bassi, nato a Crema nel 1984, si è laureato in Filosofia presso l’Università di Parma. Attualmente sta concludendo la laurea specialistica, approfondendo i suoi studi in ambito di Filosofia della Mente.