L’intelligente ed articolata relazione del prof. Franco Gallo al Caffè Filosofico del 9 gennaio 2006 ha offerto molteplici spunti meritevoli di approfondimento – come del resto ha dimostrato il dibattito che ne è seguito. Da parte mia – tralasciando qualche altro tema che pur mi intrigherebbe – sono sollecitato ad approfondire l’ affermazione non sorprendente ma certo provocatoria, secondo cui “far filosofia” potrebbe significare un serio approfondimento di un proprio interesse o di una propria competenza specifica: “dal particolare al generale (universale?)”si potrebbe anche dire, trasformandola in una questione di metodo.
Mi è parsa- soprattutto in riferimento al luogo in cui è stata data- una risposta appropriata.
Mi pare però anche il caso, di andare un poco oltre e di chiedermi:” cosa si trova andando “al fondo”? E le scienze (perché di questo si tratta quando si parla di competenze specifiche) non hanno un “fondo”tale per cui ci si ritrova poi, per così dire, in un’altra dimensione (quella che appunto potremmo chiamare filosofica)? Oppure le scienze – nella loro dimensione progressiva – rimandano ad approfondimenti ed ampliamenti tutti interni al proprio campo specifico di indagine?
Attorno alle risposte che si possono dare a queste domande, stà tutta la questione: solo un problema di metodo o altro? E’ chiaro che le scienze, nella loro progressività (oggi più di ieri e meno di domani), mostrano la possibilità di approfondimenti mai definitivi e con questo rimandano ad una loro dimensione per così dire “progressista”, rivolta al futuro e quindi sono “per i coraggiosi”che non si accontentano di ciò che sappiamo “qui, ora”.
Ma è altrettanto vero che le scienze ci conducono in realtà verso un percorso “senza fondo”; non solo per la loro progressività ( e questo è l’aspetto positivo), ma anche perché non sanno rendere ragione degli elementi ultimi che pur maneggiano e non sanno quindi spiegare appunto la loro ragione “di fondo”, il loro” perché” ultimo.
Certo una risposta facile c’è: basta non chiedersi le ragioni “di fondo” (coraggiosi si, ma perché anche temerari?); o, di più, giustificarla con l’impossibilità “per l’uomo” di sondare abissi inesplorabili dalle sue capacità razionali che si affermano, in modo equivoco, essere limitate. ( dico: in modo equivoco, perchè da un lato ciò è vero – chi oserebbe affermare la capacità dell’uomo di conoscere “tutte le cose”? – dall’altra, pare volersi insinuare una relatività nei confronti della strumentazione “logica” dell’uomo, vincolandola, kantianamente, al suo essere, appunto, umana ).
Ma la logica non si ferma alle analisi linguistiche ed alla correttezza delle procedure; essa pone da sempre l’uomo davanti alle questioni ultime del vero fondo della realtà: la sua dimensione ontologica. La quale può sembrare inutile e tautologica premessa (l’essere è, il non-essere non è), o fonte di ogni equivoco ( e in realtà così è stata, sia pure non inutilmente, all’interno del pensiero occidentale), ma certo non basta l’urgenza interessata della prassi per rimuoverla.
RELATIVISMO: TRA PARALISI E LIBERTA'. UN APPROCCIO STORICO-TIPICO - RELATORE: FRANCO GALLO
Introduzione a cura del prof. Franco GALLO(*)
Il relativismo è una filosofia della "forza" o della "debolezza"? Esiste una "libertà" che non sia "relativa"? Esiste un "bene" che non sia il concreto comportamento in una situazione specifica"? Esiste un criterio di analisi della situazione e di indirizzo dell'azione che non sia specifico di una condizione storica e culturale?
Le regole di individuazione, negoziazione e condivisione della deontologia sono la vera questione del relativismo, molto più che i valori come tali.
Il contributo verte sull'analisi tipologica del relativismo e ne individua alcune figure storiche ricorrenti e alcune omologie nelle condizioni storico-sociali di riferimento.
Si espongono alcune considerazioni sulla natura squisitamente "continentale" del problema del relativismo e suggerisce un approccio laico alla questione, sociologicamente inaggirabile, del politeismo dei valori.
(*) Franco Gallo, nato a Crema nel 1962, vi risiede e talvolta vilavora. Ha scritto: Modelli postkantiani del trascendentale (Unicopli,1994); Leopardi antitaliano (con M. Biscuso, manifestolibri, 1999); Illinguaggio le passioni la storia. Per Sebastiano Timpanaro (con G.
Giannoli e P. Quintili, Unicopli 2003); Nietzsche e l'emancipazioneestetica (manifestolibri, 2004).
A livello locale è cofondatore del Gruppo Antropologico Cremasco e di
Impronta e collabora con Correnti e con Nostalghia.
Col prossimo incontro del Caffè Filosofico ( 13 febbraio 2006 ) abbandoniamo la trattazione diretta del tema del “relativismo”per avviare una riflessione su quelle che si potrebbero chiamare “le nuove filosofie” e che può essere considerata una prosecuzione logica dell’approfondimento sul relativismo.
Con questa espressione – nuove filosofie - intendiamo riferirci alla volontà di analizzare in modo “globale” un particolare contesto del conoscere. “Dire tutto su qualcosa, scendere in profondità in ogni questione particolare, ricercare l’elemento unificante delle individualità, indicare l’essenza di una cosa….”: tanti modi per definire questo nuovo capitolo di indagine, di derivazione socratica, che apriamo nel nostro caffè filosofico e che si potrebbe anche indicare con l’espressione:
“ filosofia e…….”.
L’approfondimento filosofico di determinati ambiti della conoscenza e della prassi dell’uomo non è cosa solo della modernità e tanto meno della contemporaneità, anche se l’ampliarsi del sapere e il moltiplicarsi delle scienze ha certo aumentato la necessità di riflessioni globali attorno ad aspetti conoscitivi sempre più specializzati.
Già agli albori della filosofia –come è noto- si sono avviate riflessioni complessive, ad esempio, sul “sacro” (la teologia), sulla “politica”, sull’arte, sull’”etica”…per citare solo le più note.
Oggi – senza aver la presunzione di aver completato l’analisi degli aspetti citati – forse le riflessioni particolari di natura filosofica sono anche altre: l’antropologia, la sociologia, la psicologia, l’ambiente…; fino a giungere ad analisi che parrebbero molto lontane dalla riflessione filosofica come “ come il concetto di qualità nella produzione industriale “ (che per l’appunto costituirà il tema del nostro prossimo incontro).
E non sarà irrilevante far notare che relativamente da poco tempo si è affermata una nuova figura professionale, quella del “consulente filosofico”.
Se così stanno le cose, credo che non ci libereremo molto facilmente da questa tematica così ampia ed indubbiamente interessante.
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Dibattito
Data: 22.06.2013