Vorrei tornare sulla relazione della prof. Gaia De Vecchi nell’ultimo incontro del Caffè Filosofico, sia come ulteriore personale approccio agli incontri di Crema del Pensiero degli ultimi giorni di maggio, sia per sottolineare l’interesse della stessa relazione. Interesse che, secondo me, appare più evidente se si compie, rispetto alla complessa comunicazione (e forse non poteva essere altrimenti), una sintesi dei suoi aspetti più rilevanti. Naturalmente ognuno farebbe una sintesi sulla base dei propri punti di vista. Io l’ho vista così.
“Non dire falsa testimonianza (contro il tuo prossimo)”: l’aggiunta è importante. Oltretutto anche per altri Comandamenti il Catechismo propone una lettura semplificata: ricordo ad esempio il quinto Comandamento: “Non uccidere (l’innocente)”; oppure l’originaria unitarietà del IX° e del X° “Non desiderare la roba e la donna d’altri”. Entrambi questi esempi sono illuminanti.
Così è anche per l’VIII° Comandamento, perché l’aggiunta “contro il tuo prossimo” chiarisce in modo preciso il contesto giuridico in cui “l’ottava parola” si iscrive. L’importanza – a quel tempo in Israele - della testimonianza in un processo, non ha fatto che rafforzare il contesto culturale e storico di cui è avvolto tutto il decalogo.
Da qui la sottolineatura della verità come concetto di relazione, e non come verità in sé, di pura derivazione filosofica.
Il contesto di relazione porta, poi, alla enunciazione di una necessaria sintonia fra verità e amore (solidarietà, compassione…). “Una verità non va mai rivendicata con la violenza. Una verità rinfacciata, proferita in malo modo, a tempo inopportuno, una verità che offende, deprime, allontana o detta solo per “lavarsi la coscienza” è una verità senza amore”. Così come –possibilmente- da evitare è anche l’amore senza verità: una pietosa bugia, una bugia benevola, una lusinga… Detto questo, un rinnovato ringraziamento alla prof. De Vecchi e … tutti a Crema del Pensiero!
VIIIº COMANDAMENTO: "NON DIRE FALSA TESTIMONIANZA" - RELATORE: GAIA DE VECCHI
Partendo da qualche spunto offertoci dal testo biblico di Dt 5,20, sia dalla sua “lettera” sia dalla sua traduzione (corrente), l’incontro si propone di affrontare alcune tematiche morali connesse a tale imperativo. Il comandamento ci ingiunge solo di “non mentire” o interpella più profondamente ad una ricerca della verità e ad un atteggiamento di veracità? Oppure, ancora più radicalmente, ci indirizza ad una relazionalità dalle caratteristiche definite? È Parola rivolta solo ai credenti o a tutti gli “uomini di buona volontà”? Quali quindi le connessioni personali e sociali? Come attualizzare e vivere profondamente questa norma hic et nunc? “Essere per la verità e nella verità” è un cammino relazionale, storico, ermeneutico ed estetico. Attorno a queste quattro categorie si cercherà di leggere il versetto biblico, cogliere un senso profondo e generare domande.
LA PROF. GAIA DE VECCHI E’ DOTTORE IN TEOLOGIA MORALE. E’ RESPONSABILE DEL SEGRETARIATO DELLA PONTIFICIA UNIVERSITA’ GREGORIANA DI ROMA DOVE HA INSEGNATO. E’ STATA DOCENTE DI TEOLOGIA ALL’UNIVERSITA’ CATTOLICA DI MILANO. E’ DOCENTE ALL’ISTITUTO DI SCENZE RELIGIOSE DELLE DIOCESI DI CREMA, CREMONA, LODI.
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Dibattito
Data: 19.06.2013
Oggetto: DOPO LA RELAZIONE SULL’OTTAVO COMANDAMENTO AL CAFFE’ FILOSOFICO
Data: 19.06.2013
Oggetto: Cui prodest?
Brava la professoressa Gaia De Vecchi quando ci ha introdotto al tema della serata “Non dire falsa testimonianza”. Con grande sapere e confidenza con la materia ci ha chiarito il significato di quella “parola”, o di quell’ “ordine” attraverso una corretta lettura dei sacri testi. Ancor più brava quando nella seconda parte del suo intervento ha ampliato il discorso, nonostante le difficoltà, facendoci conoscere quanto “dottori della Chiesa, filosofi e teologi vari” nei secoli a venire hanno prodotto come interpretazione di questo “comandamento” non solo sotto l’aspetto morale, ma anche giuridico.
Così mi sono ricordato quando nei primi anni sessanta mi sono trovato a frequentare la scuola media salesiana a Milano. In quel tempo ……come si dice, era obbligatorio frequentare una settimana di esercizi spirituali in montagna, a Macugnaga (alternati a scatenate partite di pallone come la regola di Don Bosco prevedeva), nei quali, padri salesiani, domenicani e gesuiti si alternavano proponendoci meditazioni e riflessioni più grandi della nostra età.
Non nascondo di averle in parte subite, ma erano comunque affascinanti sia per i contenuti, sia per lo splendido argomentare dei relatori, sia per la modalità investigativa minuziosa con la quale spaccavano l’argomento in mille ……tessere di un puzzle, affinché nulla venisse lasciato al caso, all’interpretazione del singolo, soprattutto se non addetto ai lavori.
Così la relatrice, ripercorrendo quelle antiche strade, ha ricordato, ad esempio, con quanta pazienza e perseveranza questi studiosi abbiano individuato e chiarito le differenze fra vari termini come falsa testimonianza, bugia, spergiuro, giudizio temerario, maldicenza, calunnia, menzogna ecc oppure le differenze tra veridicità, verità e veracità. Peccato che nessuno di loro abbia pensato di inserire due parole anche sulla vongola “verace”.
Davvero meraviglioso e dotto questo declinare di definizioni e di distinguo che si protrae senza fine nel corso dei secoli……….ma che significato ha tutto questo?
Non me ne voglia la relatrice che, ripeto, ha svolto il suo compito in maniera egregia ed esaustiva; la mia perplessità è rivolta a coloro i quali, nonostante siano passati più 20 secoli, continuano a produrre soddisfatti i loro beati cavilli (e purtroppo, non solo in teologia).
Questa dotta ricerca assoluta di complessità a tutti i costi, di precisazioni, a mio avviso ovviamente, porta solo a perdere di vista il cammino principale, la sostanza delle cose. In un mondo come quello di oggi, nel quale vengono sempre meno i valori fondamentali (cristiani e non) ha ancora un senso tutto questo? Qualcuno vuole aiutarmi a capire?
Spero che i relatori alle prese con questo comandamento nella prossima Crema del Pensiero ci aiutino, proponendoci qualche modalità di lettura più pratica e concreta. A presto!
Carlo Solzi
(un” prossimo” alle prese con il quotidiano) - 12 maggio 2009